giovedì 10 novembre 2011

Ibrahimovic si racconta e punta il dito

Esce l’11 novembre nelle librerie italiane “Io, Ibra”, il libro autobiografico di Zlatan Ibrahimovic le cui anticipazioni scottanti degli ultimi giorni hanno suscitato tanta attesa da parte del mondo calcistico e non solo.
Parla di tutto Ibra, non risparmiando nessuno, confermando un carattere spigoloso ma deciso e sicuro.
Il suo rapporto burrascoso col Barcellona e in particolare con Guardiola, che considera un vigliacco e un falso che pare abbia minacciato di picchiare davanti le TV se non avesse acconsentito al suo trasferimento al Milan.
Le sue opinioni riguardo un’Inter perdente fino al suo arrivo a causa di uno spogliatoio a suo dire diviso in clan tra argentini, brasiliani e restanti che non si scambiavano parola. Roberto Mancini che definisce un fighetto di sostanza e che al contrari dei compagni non ringraziò per la vittoria scudetto ma a cui disse “prego!”.
Zlatan è un fiume in piena le cui rivelazioni con dettagli intriganti gettano una nuova luce su molti degli eventi fondamentali del calcio degli ultimi anni.


Racconta del suo primo incontro con Luciano Moggi, che lo portò alla Juventus dall’Ajax, avvenuto in gran segreto a Montecarlo, durante il Gran Premio di Monaco di Formula Uno. E a proposito di Moggi, Ibra ce lo mostra sotto un lato umano e fragile quando, in occasione di una riunione di crisi per l’appena esploso caso calciopoli, questo scoppiò in lacrime davanti alla squadra. Riguardo a calciopoli poi Ibrahimovic mostra tutto il suo sdegno e l’incredulità per quella che ritiene essere stata una gran invenzione mediatica per distruggere una grande squadra che vinse lottando duramente sul campo senza favoritismi arbitrali.
I racconti arrivano poi al recente passato, al suo arrivo al Milan, alla festa scudetto e alla sua stima professionale e umana nei confronti di Cassano, un tipo difficile come lui.
Ma Ibra parla non solo del calciatore ma anche dell’uomo cercando di spiegare i motivi per cui in molte occasioni è stato giudicato come un cattivo ragazzo, i capricci e i ricatti adoperati per passare da una squadra all’altra. Un’infanzia difficile segnata senza dubbio dall’alcolismo del padre, dall’arresto per ricettazione della madre, dalla tossicodipendenza della sorella. Un’infanzia triste, solitaria, povera, un’infanzia segnata anche da piccoli furti, tante le biciclette “prese in prestito” per andarsi ad allenare. Un bambino che come unico amico aveva un pallone.
Un viaggio a ritroso dunque a spiegare l’origine e il percorso di uno dei più grandi campioni del calcio moderno.

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